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Spettacolo

Pingitore: “Cancel culture? E perché non accusare Gesù Cristo della diffusione dell’alcolismo…”

Pingitore: “Cancel culture? E perché non accusare Gesù Cristo della diffusione dell’alcolismo…”. Pierfrancesco Pingitore sulla Cancel culture e non solo, il regista e scrittore calabrese, 88 anni, parla a tutto tondo in una intervista a ‘Il Giornale’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Pingitore, da poco lei è tornato in libreria con il suo ultimo “Le ballate di Pasquino”. Come nasce questa sua pasquinata in romanesco?
“Dalla voglia di continuare a fare satira anche dopo la chiusura del Salone Margherita, il teatro dove per cinquant’anni il Bagaglino ha offerto al pubblico romano e italiano spettacoli satirici di grande successo”.

Secondo lei oggi la satira ha perso questa capacità di essere pungente e dissacrante?
“Oggi semplicemente la satira non esiste”.

In una sua poesia tratta dal suo ultimo libro parlando del tema della cancel culture e del politically correct dice “non so se il mondo diverrà più giusto/de certo è diventato più imbecille”.
“Lo confermo anche oggi. In America si fa il processo al Principe Azzurro e lo si accusa di stupro perché ha risvegliato Biancaneve dal sonno di morte dandole un bacio, ma “senza chiederle prima il permesso di baciarla”. A lei, che dormiva! Qua e là si rovesciano le statue di giganti della Storia, come ad esempio Cristoforo Colombo, cui si deve la scoperta di metà del mondo conosciuto.

Epperò si dice che non fosse proprio politicamente corretto e perciò meglio dargli una lezione… A Colombo! Ma chi siete? Ma che volete? Si pretende di giudicare con, peraltro opinabili, criteri di oggi, la condotta di uomini vissuti mezzo millennio fa, e si vorrebbe mettere in ginocchio dietro la lavagna Colui che concepì e attuò l’Impresa più temeraria e geniale mai tentata dall’uomo. E perché non accusare Gesù Cristo di sofisticazione alimentare e diffusione dell’alcolismo per aver trasformato l’acqua in vino alle Nozze di Cana? Mi chiedo quale generazione di cretini sta venendo alla ribalta?”.

Lei col Bagaglino e con le sue opere ha raccontato i cambiamenti politici e culturali del nostro Paese. Che idea si è fatto dell’Italia di oggi? E cosa rimpiange o meno di quella di ieri?
“Io non rimpiango nulla. Io amo quello che è stato. Il passato, tutto il passato, perché ad esso sono legati i miei ricordi, i miei sogni, i miei amori, le mie passioni, la mia vita. L’Italia di oggi non è meglio nè peggio di quella di ieri. È diversa, com’è inevitabile che sia. L’importante è che trovi il suo equilibrio. Che la leggerezza della tolleranza prevalga sulle pietre tombali del fanatismo”.

Si è parlato molto della necessità di oltrepassare la “cappa” del moralismo dominante e della politicizzazione culturale. Secondo lei da dove può partire un nuovo immaginario italiano?
“La cultura di un popolo non è un treno che si possa far partire a ora fissa. Si può soltanto alleggerire il clima e allargare gli schemi entro cui il panorama culturale si è per lungo tempo stabilizzato e sclerotizzato. Ma soprattutto bisogna “fare”, “scrivere”, riempire di opere nuove il cinema, la televisione, i teatri. Il resto è chiacchiera”.

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