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Salute

Scoperto il motore del cancro al pancreas da uno studio italiano: bersaglio per terapie e “passo avanti”

Scoperto il motore del cancro al pancreas da uno studio italiano: bersaglio per terapie e “passo avanti”. Grazie a uno studio tutto italiano è stato scoperto il motore del cancro al pancreas. Si tratta di uno dei motori che fanno crescere quello che è considerato tra i tumori più aggressivi. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature.

La ricerca ha permesso di individuare un bersaglio terapeutico per rallentare la progressione della malattia. A guidare lo studio è stato l’Istituto San Raffaele di Milano, con l’Istituto Telethon di terapia genica e l’Università Vita e Salute. Vi hanno collaborato inoltre le Università di Torino e Verona, l’Istituto francese per la sanità e la ricerca medica (Inserm), il centro di ricerca Biopolis di Singapore e l’Università di Shanghai.

La crescita dell’adenocarcinoma duttale del pancreas, una forma di tumore ancora molto letale, è favorita da una collaborazione speciale tra un particolare tipo di cellule immunitarie denominate macrofagi IL-1beta+ e alcune cellule tumorali estremamente aggressive, associate a processi infiammatori.

Il passo avanti

Ne ha parlato il coordinatore della ricerca Renato Ostuni, responsabile del laboratorio di Genomica del Sistema Immunitario Innato all’Istituto Sr-Tiget e professore associato all’Università Vita-Salute San Raffaele. “Si tratta di una sorta di un circolo vizioso autoalimentato. I macrofagi rendono le cellule tumorali più aggressive, e le cellule tumorali riprogrammano i macrofagi in grado di favorire l’infiammazione e la progressione della malattia”.

Secondo gli autori della ricerca, sostenuta da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, Consiglio Europeo della Ricerca e ministero della Salute, si tratta di un passo avanti. “Abbiamo fatto un bel passo avanti nella comprensione dei processi biologici alla base della malattia. Tuttavia siamo a uno stato di ricerca preclinica ancora distante dall’applicazione nei pazienti. I prossimi anni saranno essenziali per identificare le potenzialità e le modalità più appropriate per agire su questo nuovo bersaglio terapeutico”.

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