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Francesco Guccini: “Meloni fascista e vi spiego perché. Lucio Dalla figlio di Padre Pio? Dicevano così perché non conoscevano il padre”

Francesco Guccini: “Meloni fascista e vi spiego perché. Lucio Dalla figlio di Padre Pio? Dicevano così perché non conoscevano il padre”. Francesco Guccini su Giorgia Meloni, e non solo, il cantautore, scrittore e attore modenese, 83 anni, si racconta ad Aldo Cazzullo in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

[…] Esordio musicale?
«Con gli amici vedemmo un film in cui una band rimorchiava le ragazze, e ci dicemmo: ne facciamo una anche noi. Ne fondammo diverse, dai nomi immaginifici: gli Hurricanes, che vuol dire uragani; gli Snakers, che non vuol dire niente. E poi i Marino’s, in onore del front-man, Marino Salardini. Primo concerto al teatro parrocchiale: Tutti Frutti, Be-Bop-a-Lula. Una ragazza, dal nome molto modenese di Deanna, mi disse che avevamo suonato bene, e mi emozionò moltissimo. E poi The Enchained Sea: in attesa dell’eco meccanico, imitavamo il verso dei gabbiani con penose contrazioni dello stomaco: “Aaah, aaah!”. Con i Gatti suonavamo da ballo».

Cosa suonavate?
«Andava molto Peppino di Capri. Ci esibimmo anche in Svizzera, a Zofingen, vicino a Basilea: non ero mai stato tanto lontano in vita mia, al ritorno raccontai ai miei che le cassette della posta erano gialle anziché rosse».

Nel 1964 scrisse Auschwitz.
«Si sapeva quel che era accaduto nei campi di sterminio, ma non se ne parlava. Nel 1961 il processo Eichmann riaprì la questione. Lessi “Tu passerai per il camino”, “Il flagello della svastica”. Si andava verso il Sessantotto».

Caterina Caselli e Giorgio Gaber la invitarono in tv, dove lei incontrò Battiato.
«Si chiamava ancora Francesco ed era un gran barzellettiere. Come me. Ma le sue barzellette erano inferiori alle mie, che sono autentici capolavori» (Guccini sorride).

[…] È vero che da giornalista della Gazzetta di Modena intervistò Domenico Modugno?
«Sì, e ancora me ne vergogno. Fui inutilmente aggressivo. Una chitarronata, come Carducci definì il suo inno a Satana».

Modugno la prese bene?
«Malissimo. Telefonò al direttore per protestare».

Francesco Guccini: “Meloni fascista e vi spiego perché”

[…] De André è il cantautore che le assomiglia di più?
«Forse sì, per il tardo romanticismo che ci affascinava entrambi. Anche se lui veniva da un’importante famiglia di Genova. Io vengo da Pavana».

[…] Chi altri ammira?
«Gino Paoli. La canzone d’autore comincia con Il cielo in una stanza. Una svolta: senza rima, senza ritornello. Ho ammirato anche Sergio Endrigo, che però si era rotto i timpani durante un’immersione e non riusciva più a intonarsi, ricordo un concerto in cui soffriva moltissimo».

[…] Da Vito andava anche Lucio Dalla.
«Non siamo mai stati davvero amici. Non avevamo confidenza, Lucio era un tipo un po’ misterioso, a volte scontroso. Della sua omosessualità non parlava mai. Adorava la mamma mentre non aveva mai conosciuto il papà, a Bologna si diceva che fosse figlio di padre Pio. E poi eravamo troppo diversi. Lui cittadino, io montanaro. Mi prendeva in giro: cosa fai tutto il giorno in montagna? E io rispondevo: niente. Anche se in realtà facevo un sacco di cose».

[…] Bertoncelli è il critico che aveva stroncato «Stanze di vita quotidiana».
«Un disco che ho odiato e tuttora odio. Prima mi imposero un percussionista brasiliano, detto Mandrake, dedito a ogni sorta di stupefacente…».

Lei ha mai provato?
«Sono della generazione dell’alcol, non di quella della droga. E poi marimbe, xilofoni, vibrafoni… Da Londra arrivò un guru, in tunica bianca, con due tabla, i tamburi indiani. L’attacco della “Canzone delle osterie di fuori porta” è suo».

Francesco Guccini: “Lucio Dalla figlio di Padre Pio? Dicevano così perché non conoscevano il padre”

È un attacco bellissimo.
«Ma la musica indiana ha divisioni misteriose: quella è una canzone in tre quarti, il guru era tarato sui 17/28esimi…».

[…] Non ha mai votato Pci?
«Mai. Avevo il mito dell’America di Roosevelt, non dell’Unione Sovietica. E ho scritto una canzone antitotalitaria sulla Primavera di Praga, che finiva con Jan Palach che bruciava come Jan Hus, mandato al rogo in quanto eretico».

Qui sull’Appennino tanti ex comunisti ora votano Salvini.
«Si vede che non erano davvero comunisti; erano già leghisti senza saperlo. Più sicurezza, meno tasse, cultura poca o niente. La destra può essere più o meno fascista, la sinistra più o meno marxista; la Lega non ha una filosofia».

E i 5 Stelle?
«Hanno la filosofia del momento. Più stomaco che testa. Certo mandare tutti affanculo è una bella soddisfazione. Ma poi?».

[…] La Meloni è una sua estimatrice, l’aveva anche invitata ad Atreju, ma lei non è andato. Perché?
«Ormai mi muovo di rado dalle mie montagne, vuole che lo faccia per andare ad Atreju? Ho gentilmente declinato».

Insisto: perché?
«Perché i fascisti non mi piacciono».

La Meloni non è fascista.
«Ma sento tanti ripetere di lei quello che si diceva di Mussolini: “Il Duce è un genio, sono quelli che lo circondano a rovinare tutto”. Il Duce invece un genio non era; e temo non lo sia neppure la Meloni».

Lei Guccini come la trova?
«Intelligente e timida. E alla timidezza reagisce con una punta di arroganza, come a dire: sono qua. Lo so, perché sono timido anch’io».

[…] Cosa accadrà all’Italia, al mondo?
«Lascia che facciano. A me basta stare ben coperto, a scrivere i gialli con Loriano Macchiavelli. Ora sto scrivendo racconti».

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