Donatella Rettore, Lucio Dalla e non solo, la cantante si racconta ripercorrendo le tappe della sua vita in una intervista rilasciata a ‘Il Fatto quotidiano’
Rettore: “Lucio Dalla? Sono l’unica donna che ha amato. Ho sofferto per non aver avuto figli. Mi piace Grillo…”. La cantante si racconta ripercorrendo le tappe della sua vita in una intervista rilasciata ai microfoni de ‘Il Fatto quotidiano’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Lei è la cantautrice più conosciuta all’ estero.
“In pochi ne sono coscienti, e in gran parte è colpa delle varie case discografiche: mi hanno voluto inquadrare più nel ruolo di creatrice di singoli che in quello di autrice di pezzi. Eppure scrivo bene. È la mia forza”.
E quindi?
“Ho deciso di cantare brani meno conosciuti, come Delirio, Curiosa o Brivido. Ho preparato una scaletta bellissima per l’ estate. E mi piacerebbe ricoprire il Duomo di Milano con le mie canzoni”.
A un certo punto ha smesso di scrivere per altri.
“Perché ero diventata troppo famosa per loro, e questa è solo una reticenza italiana, una reticenza un po’ bigotta; una volta Umberto Eco mi scrisse: “Lei è una ragazza forte, sarebbe andata meglio se fosse nata anglosassone, figlia di una cultura calvinista o luterana””.
E invece.
“Sono veneta, tutti bigotti, polentoni e baciasantini: lì la religione è ovunque, e il parroco era la persona più importante della città”.
Però lei ha iniziato a cantare all’ oratorio.
“Grazie a Dio! In Italia non esistevano scuole laiche di vera qualità con spazi aperti nei quali socializzare, gli unici erano gli oratori, e io ci sono cresciuta, tra una canzone e una partita a pallone”.
Il calcio le piace proprio.
“Tanto, quando posso vado allo stadio, e da sempre sono amica dei calciatori”.
Di chi?
“Uno dei primi è stato Picchio De Sisti: mi invitò all’ Olimpico per la sua ultima partita, credo Roma-Atalanta (1979), io seduta in tribuna; a un certo punto sbaglia un passaggio e gli urlano “Mejo se te ritiri”. Io zitta. Poco dopo si inventa un assist, e cambiano il tono: “Nun ce lascià!” A quel punto Mi sono girata: “Ve dovete decide”; (cambia all’ improvviso) anche Walter Zenga, grande amico”.
Innamorato di lei.
“No, lui solo le giornaliste; però ci scambiavamo confidenze, e quando giocava all’ Inter lo chiamavo in ogni albergo dove alloggiava la squadra; il calcio è veramente lo spettacolo più bello del mondo”.
È da stadio.
“Nel 1981 ho cantato a Marassi prima di Sampdoria-Genoa, e grazie al presidente Mantovani, gran persona, solo che alla fine dello spettacolo stavo per sentirmi male: ero vestita di plastica, una sudata pazzesca”.
È stata tra le prime a esibirsi negli stadi.
“In quegli anni non era scontato, i parametri odierni, tipo Vasco, non erano stabiliti”.
Le piace Vasco?
“È un ammaliatore, è uno di casa, non mette soggezione, ha trovato la sua formula e la ripropone in ogni pezzo. Così il pubblico non si sforza”.
È un punto di riferimento.
“Come capita, chi più e chi meno, a chiunque diventa conosciuto”.
Rettore: “Lucio Dalla? Sono l’unica donna che ha amato. Perché sono rimasta in Provincia…”
Come a lei
“L’ altro giorno ho partecipato a una fiera dedicata al mondo delle quattro zampe, ero lì per esibirmi con il mio cane e la mia squadra; alla fine si avvicina una signora: “Potevate organizzare meglio questa manifestazione””.
A lei?
“Quando ci sono è tutto merito o tutta colpa della sottoscritta; prima o poi divento un cantante mascherato”.
Per questo è rimasta a vivere in provincia?
“Ma qui arrivano dei pullman per cercarmi, qui sono nate personalità come Guidolin, Giorgione, Giorgio Lago (ex direttore del Gazzettino), ma vengono per me”.
E la trovano.
“A volte mi beccano”.
Le dispiace?
“Dipende, è che hanno degli smartphone che sono simili a delle colt, ti tolgono brandelli di vita; ha ragione la Pravo: lei si rifiuta di partecipare al rito del selfie”.
Tempo fa ha definito la Pravo “una fine dicitrice”.
“Premesso: sono una sua fan, il suo fascino è inarrivabile, è totalizzante, e con i suoi atteggiamenti per anni ha superato tutte, compresa Mina”.
C’ è un sottofondo di però.
“Oggi spesso non canta, non trova proprio le note, mentre quando è uscita con Se perdo te, non resistevo, e in casa la intonavo tutto il giorno, mamma disperata”.
Mamma attrice goldoniana.
“Sono arrivata dopo tre gravidanze andate male, mi ha partorita quando aveva 39 anni, per quel tempo una rarità, mentre oggi non c’ è limite”.
Sbagliato?
“Sì, perché sei costretto a delegare: io sono cresciuta con la tetta di mamma, con i suoi anticorpi, e come lei, come spesso i veneti, soffro di microcitemia. E Nel ’92 mi ero decisa ad avere un figlio: ho rinunciato quando ho capito che non sarebbe stato sano. Ho sofferto”.
È stata dura lasciare la sua quotidianità?
“Sono una donna pigra, pragmatica e abitudinaria; poi però mi rompo le palle di essere abitudinaria, mi sparo sei mesi di follie, e dopo mi riconnetto con me stessa”.
Un percorso.
“È difficile vivermi dentro”.
E starle accanto?
“Tutti dobbiamo abbozzare, poi ogni tanto scoppia la bomba, e con mio marito siamo sposati dal 2005, ma ci conosciamo dal 1977 (sorride). Però dai primi anni Novanta non ci siamo più concessi le nostre innocenti evasioni”.
Come mai?
“Colpa dell’ Aids”.
Ve le confessavate?
“In assoluto è sempre meglio tacere, ma un tempo c’ erano i paparazzi, quelli veri e bravi, e dovevi alzare le mani davanti alla verità”.
Si innervosiva per gli scatti?
“Li adoro, hanno un senso di affetto per i personaggi, e poi svolgono il loro lavoro”.
Reciproco amore?
“Qualche volta finivo dentro a delle catastrofi, allora li fermavo e pregavo: “Quelle foto no, magari organizziamo altre situazioni”. Accettavano”.
Reciproco rispetto.
“Il lavoro va trattato come merita: me lo ha insegnato mio padre, socialista nenniano, orgoglioso di un numero storico de l’ Avanti!; peccato, non ci sono più personalità come Pertini e Nenni”.
Un suo pezzo del tempo è dedicato alle molestie.
“È la storia di un preside, un democristiano di merda; (due secondi di silenzio) già mi interessavo di politica, a casa veniva Tina Anselmi, convocata da mia madre per ragguagliarla dei pettegolezzi della cittadina, ma allora il livello culturale era veramente più alto, poi sono arrivati questi barbari leghisti e la liturgia del piccolo imprenditore”.
Torniamo al preside.
“Si divertiva con le proposte sconce alle professoresse, che non si sottraevano, anzi le vedevo civettare, così non erano più supplenti. Altri non capivano certe dinamiche, io sì: già allora ero sveglia”.
Scuola pubblica.
“Fino alla seconda media sono andata dalle suore, poi in terza ho chiesto a mamma di affrontare la realtà e ho visto il disastro”.
È cattolica?
“Sono cristiana non praticante, sposata in chiesa. Per me l’ ultimo vero papa è stato Albino Luciani, quando c’ era lui sono tornata a confessarmi”.
Papa Francesco?
“No, è argentino, e lì ci sono le corride: non mi fido di un paese dove esiste il piacere di uccidere”.
Vegetariana?
“Sì, però mangio il formaggio. Sul risotto è fondamentale”.
Rettore: “Lucio Dalla? Sono l’unica donna che ha amato, devo ringraziarlo…”
A chi dice grazie?
“Uno dei primi? A Lucio Dalla, uomo ironico, spiritoso e di grandissimo talento; sono stata l’ unica donna che ha amato, ma solo perché mi considerava un maschiaccio”.
Il grazie
“Non avevo una lira e lui mi coinvolse nei concerti in Veneto e riuscì a togliere i dubbi a mia madre con una frase lapidaria: “Signora deve solo cantare, non fare la troia””.
Risposta di mamma?
“”È già piena di grilli per la testa”. E Dalla: “Risolviamo così: sua figlia canta e lei va a dire un paio di preghiere””.
Quando è salita sul palco?
“Tremavo, avevo una paresi alle labbra e salivazione azzerata; ah, pure un altro Lucio mi ha colpita”.
Rettore: “Lucio Dalla? Sono l’unica donna che ha amato. E su Battisti…”
Battisti.
“Incontrato per la prima volta ad Amburgo: lì avevo un gran bel successo, la numero uno, mentre in Italia no. E stupito mi domanda: “Ma tu chi sei?”. Gli spiego la situazione e sconsolato mi coinvolge in una riflessione: “Da noi guardano più alla forma, al foulard, a quanto pesi, se hai le gambe a x. Mi sono rotto le palle di stare a dieta, e poi la mia donna l’ ho trovata”. Da quel giorno ha acquistato tutti i miei dischi”.
È una sopravvissuta?
“Sono piena di cicatrici”.
Con la fama a cosa ha rinunciato?
“Alla libertà, per questo ogni tanto mi difendo con il ruolo della stronza, e non rinuncio a una passeggiata in città con il mio cane e a una bella tazza di cioccolata. Adoro impiastricciarmi di panna”.
Guai a chi la scoccia.
“Un pomeriggio ci ha provato Sgarbi: “Come ti sei messa? Sembri un travestito”. Tranquilla ho replicato: “Non mi rompere. Sto mangiando”. A me piace Grillo”.
Che c’ entra?
“Nulla, volevo dirlo. È il mio preferito, voglio andare con lui a scavare la sabbia a Marina di Bibbona, e un tempo mi faceva il filo: è un seduttore”.
Con lei non solo Grillo.
“Bionda, bella, con due chilometri di gambe, solo i gay non ci provavano. Ma adesso ho la pace dei sensi. Forse”.
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