Liana Orfei su Totò, Ugo Tognazzi, Orson Welles, e non solo, l’intervista a ‘La Stampa’
Liana Orfei: “Totò era un vero principe, mi faceva sempre una domanda. Quello schiaffo a Tognazzi…”. L’attrice ripercorre alcune tappe della sua carriera in una intervista a ‘La Stampa’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Non era interessata al cinema ma ha lavorato in più di 40 film, Gassman, Tognazzi, Mastroianni, Orson Welles, chi le è rimasto nel cuore?
«Intanto Dino Risi, ho fatto due film con lui, Il Profeta e I nostri mariti. Bello, gentile non mi sono innamorata di lui solo perché ero già innamorata. A Tognazzi che era irresistibilmente attratto dalle donne, diedi un sonoro ceffone per avermi baciato davvero sul set. Non se l’ è presa. Anzi siamo diventati amici. Welles con me era gentilissimo perché gli piaceva il circo ma odioso con la troupe. I geni, quelli veri non sono tutti modesti, sono pieni di sé.
Pesava 140 chili quando abbiamo girato I Tartari. Con Mastroianni ho girato nella gabbia dei leoni, ero terrorizzata, facevo di tutto per non far sentire ai leoni che avevo paura. Ero curiosa di vedere come se la sarebbe cavata lui. Stupefacente. Ha recitato con una naturalezza incredibile, come se i leoni non fossero a pochi metri. Ho pensato o è un incosciente o è davvero coraggioso.
Alla fine gli ho fatto i complimenti. Ci siamo scambiati quello che è passato come il bacio più lungo della storia. Mi chiesero come era stato baciare un uomo così desiderato dalle donne e io per imbarazzo risposi che era stato come baciare un cartone. Gran signore, quando l’ho rivisto ha fatto finta di niente».
Liana Orfei: “Totò era un vero principe”
E di Totò che ricordo ha?
«Un vero principe, galante con tutte le donne, gentilissimo con la troupe. Era interessatissimo ai clown, mi chiedeva come erano nella vita, se erano tristi. E io “principe, sono persone come tutte le altre, qualcuno è triste qualche altro no”. Però insisteva. Forse voleva che gli dicessi che sì erano tristi nella vita. Oggi gli risponderei così, per fargli piacere. Ho conosciuto tanti principi ma i signori come Totò sono rari».
Con Fellini però il rapporto è stato più intenso.
«Federico amava il circo e con sua moglie Giulietta Masina veniva sempre a trovarci quando eravamo a Roma. Con lui ho lavorato tanto e anche a un film abbastanza profetico, I clown, che finiva con la morte del circo. Fellini però negava questa interpretazione. Le mille e una notte, il più bello spettacolo che abbiamo fatto, è nato da una sua idea, ci ha dato il premio Oscar Danilo Donati per i costumi e le scenografie. Imprese faraoniche, oggi una cosa del genere non se la può permettere neanche Berlusconi».
Il circo è finito per questo?
«Il circo non è finito per niente, è finito quel tipo di circo. Anche il Barnum non c’ è più, è rimasto il nome. Ma che rimpianti… Quando volavo sull’ ippogrifo e sentivo il pubblico. Una sensazione incredibile. Arturo Brachetti mi ha confessato che vedendo Le mille e una notte ha deciso di fare l’ artista. Non si può avere avuto un regno e non avere più niente».
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