Raz Degan: “Un passo dal cielo? Stephen mi ha dato un’opportunità. Sto lavorando per guarire dalle mie ferite”. Raz Degan su Un passo dal cielo, e non solo. L’attore e regista israeliano, 56 anni, veste i panni di Stephen, un ricercatore, nella fiction Rai. Ne parla in una intervista a ‘Tv Sorrisi e Canzoni’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.
Raz ha raccontato come è arrivato a far parte del cast di ‘Un passo dal cielo’, spiegando che, inizialmente, non aveva intenzione di accettare il ruolo. Era infatti impegnato su altri progetti: da quattro anni stava lavorando alla sua autobiografia, un’opera in cui avrebbe rivelato dettagli inediti e intimi della sua infanzia, rimasti nascosti fino a quel momento. Inoltre, da dodici anni era immerso nella realizzazione di un documentario. Tuttavia, la svolta è arrivata grazie alla sua compagna, Cindy Stuart, che ha letto il copione e ha intravisto nel personaggio di Stephen molte similitudini con lui. Spinto da questa osservazione, Raz ha deciso di accettare il ruolo.
Riguardo alle somiglianze con Stephen, Raz ha spiegato che il personaggio gli ha ricordato molto suo padre, tanto da ispirarsi al loro rapporto per calarsi nella parte. «Ho fatto uno sforzo psicanalitico enorme. Credo sia stato il ruolo più profondo che ho avuto, non mi sono mai lasciato andare così. Stephen mi ha dato l’opportunità di fare i conti con il passato, perché abbiamo attraversato esperienze molto simili».
Raz Degan: “Un passo dal cielo? Stephen mi ha dato un’opportunità”
Parlando di sé stesso, Raz ha dichiarato di essere un idealista e di vivere cercando l’armonia con ciò che lo circonda. Ha sottolineato di credere fermamente nella libertà e nella possibilità di esprimere le proprie emozioni senza remore. Questa visione della vita si intreccia con il suo carattere riservato: «Raz in ebraico significa “segreto”. E io amo tenere delle cose per me. Sono riservato, non mi piace parlare della mia vita privata, faccio fatica a tirar fuori i sentimenti».
Riflettendo sulle proprie fragilità, Raz ha rivelato di essere eccessivamente sensibile, una caratteristica che cerca di non mostrare. «Oggi sono più saggio e meno selvaggio, ma a volte mi riesce difficile scendere a compromessi e tacere quando vorrei gridare». Ha aggiunto che le bugie, l’ipocrisia e l’ignoranza sono per lui fonte di grande frustrazione: «Mi fanno impazzire perché credo che ognuno di noi abbia la possibilità di cambiare la sua vita. Ma pochi lo fanno».
Raz porta con sé diverse ferite emotive, ma è costantemente impegnato a lavorare su sé stesso per guarirle. Il suo obiettivo è raggiungere la pace interiore, ascoltando i propri sentimenti e cercando di non lasciarsi sopraffare dal caos che lo circonda.
A proposito della scelta di vivere in un trullo, Raz ha spiegato che la decisione è nata dalla necessità di trovare un rifugio dopo vent’anni trascorsi in giro per alberghi. Ha scelto un luogo isolato dove potersi connettere con la natura, sporcarsi le mani con la terra, camminare scalzo e prendersi cura di un orto e degli ulivi, come faceva da ragazzo nel kibbutz. «È la stessa domanda che mi ha posto Ermanno Olmi quando giravamo “Centochiodi”».
Raz Degan: “Sto lavorando per guarire dalle mie ferite”
Ricordando la sua infanzia nel kibbutz, Raz ha ammesso che da bambino desiderava fuggire da quel luogo che gli sembrava una prigione. Tuttavia, oggi guarda a quel periodo con nostalgia: «Facevamo i focolari di notte, costruivamo le case sugli alberi. Ero come Tom Sawyer nel romanzo di Mark Twain».
Quando il discorso è caduto sulla situazione attuale di Israele, Raz ha espresso profonda tristezza: «Sono nato e cresciuto sotto la minaccia delle bombe: ho trascorso parte dell’infanzia nei bunker, le cicatrici della guerra sono incise sulla mia pelle e nella storia della mia famiglia. Da poco sono rientrato da Israele dove abbiamo festeggiato gli 80 anni di mio padre. Ed è stato struggente vedere quelle terre dilaniate: alla meraviglia di contemplare la luna piena sul Mar Morto si contrappongono gli orrori di una guerra senza senso né fine».
Parlando di paternità, Raz ha chiarito di non avere rimpianti per non essere diventato padre: «Se avessi voluto un figlio lo avrei avuto, e probabilmente oggi sarei anche nonno. Invece mi basta essere zio. In più la mia compagna ha già un figlio e stiamo bene così». Infine, ha descritto il suo rapporto con Cindy Stuart, definendolo un legame solido e duraturo: «Ci conosciamo profondamente. In una relazione c’è sempre una terza persona, che è il rapporto, e va nutrito».
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