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Caressa: “A Cioè è iniziato tutto. Milano città non sicura. Scudetto? Al calcio italiano farebbe bene la vittoria dell’Atalanta”

Caressa: “A Cioè è iniziato tutto. Milano città non sicura. Scudetto? Al calcio italiano farebbe bene la vittoria dell’Atalanta”. Fabio Caressa su Cioè, Milano, i pronostici per scudetto, Champions, mondiali e non solo. Il telecronista storico di Sky Sport, 57 anni, parla a tutto tondo in una intervista a ‘Il Corriere della Sera’. Ve ne proponiamo alcuni passaggi.

Fabio Caressa conferma che la sua carriera giornalistica ha avuto inizio con il magazine «Cioè». «Verissimo. Avevo più o meno 16 anni», dichiara. Ma come è arrivato a collaborare con questa rivista, considerata un punto di riferimento per gli adolescenti degli anni ‘80? Spiega che a Roma, mentre frequentava il liceo classico, esprimeva agli amici il desiderio di scrivere. «Qualcuno era nell’editoria e mi ha indirizzato: cercavano giovani leve». Il suo compito principale riguardava la gestione delle lettere: «“Sono tal dei tali (erano quasi sempre firme femminili), ho incontrato il vip tal dei tali”. Tutto rigorosamente inventato».

La svolta arrivò nel 1991, quando approdò a Milano per lavorare a Telepiù, grazie a Rino Tommasi, che ricorda come un maestro della cronaca sportiva e dell’uso dei numeri. «La mia prima telecronaca è stata il Trofeo Luigi Berlusconi». All’epoca viveva al residence «Futura» di via Mecenate insieme ai colleghi Marco Nosotti, Fabio Guadagnini e Giorgio Porrà. «Era un ambiente frequentato in modo – diciamo – colorito. Lavoravamo e la sera andavamo a ballare: Beau gest, Lizard. Che tempi».

Caressa: “A Cioè è iniziato tutto”

Il suo primo impatto con Milano fu positivo: «Arrivo il 19 agosto: in ufficio c’è addirittura l’aria condizionata, il traffico è più ordinato che a Roma». Apprezzava anche la puntualità dei milanesi: «A Milano dici: appuntamento alle 9.30, a Roma: appuntamento tra le 9 e le 10». Tuttavia, l’autunno gli riservò un’esperienza traumatica: «Una mattina apro la finestra in piazza Udine, dove mi ero spostato: nebbia, nebbione. Non si scorgeva nemmeno il lampione nel mezzo dello slargo. Io la nebbia non l’avevo mai vista e guidare era impossibile».

Non mancano le critiche nei confronti di Milano. Secondo lui, l’area B «mi sembra classista e sa un po’ di ponte levatoio che viene alzato dal castello: per lo smog sarebbero state meglio altre soluzioni». Aggiunge che oggi la città non è sicura: «Dopo le 20 non puoi prendere la metropolitana. Vuoi il taxi? Non lo trovi». Questo lo preoccupa soprattutto come padre di tre figli, Matilde, Eleonora e Diego, che hanno rispettivamente 22, 20 e 15 anni. «Vogliono uscire la sera, ma poi sono in difficoltà».

Caressa riconosce di aver imparato molto sul politicamente corretto dalle sue figlie. «Assolutamente sì. Ne ho parlato anche nel podcast “Scomodiamoci” dedicato alla violenza di genere. Per la mia generazione certi atteggiamenti sono normali, certe battute sono simpatiche, fanno ridere, sono complimenti, mentre per le mie figlie sono fastidiose. Da loro ho imparato, in questo ambito, che qualcosa che sembra innocuo per altri non lo è». Fa un esempio specifico: «Non ho mai assistito a fischi verso le mie figlie, perché se accadesse non finirebbe bene. Lo so: ho detto una cosa “patriarcale”, Matilde ed Eleonora mi riprenderebbero. Ma ci sta». Parlando di sua moglie Benedetta, conferma che «chi fischia non finirebbe bene con lei, ci penserebbe lei a metterlo a posto. È tostissima».

Caressa: “Milano città non sicura”

Nel podcast, Caressa ha anche affrontato il tema dei redditi familiari, svelando che spesso Benedetta guadagna più di lui. «Dipende, va a periodi: spesso è capitato che lei guadagnasse più di me». Tuttavia, precisa: «In famiglia entrambi partecipiamo alle spese e se è un periodo in cui guadagno di più io, mi faccio carico di più spese io, se invece guadagna di più Benedetta, se ne fa carico di più lei. È sacrosanto, però c’è chi ancora si stupisce».

Il loro incontro risale ai tempi di Telepiù e si sono sposati nel 1999. Quanto al calcio, Caressa afferma che in famiglia non si tifa apertamente. «In famiglia non si tifa…». E quando gli si fa notare l’improbabilità di questa affermazione, ribadisce: «Cosa si tifa non si dice». Solo il figlio Diego sembra seguire il calcio, mentre Benedetta, Matilde ed Eleonora sono completamente disinteressate.

Passando ai pronostici, Caressa immagina che la Champions League possa essere vinta dall’Inter o dal Liverpool, mentre per lo scudetto spera nell’Atalanta, che «investe sui giovani e sta facendo grandi cose […] farebbe bene al calcio italiano». Per il Mondiale per club ipotizza il successo del Real Madrid.

Caressa: “Scudetto? Al calcio italiano farebbe bene la vittoria dell’Atalanta”

Riguardo ai Mondiali di calcio, sottolinea che l’assenza della Nazionale nelle ultime due edizioni non ha influito sul suo lavoro, ma evidenzia come questa mancanza abbia allontanato i giovani dal calcio. Ricorda anche l’esperienza del Mondiale Usa 1994, quando, con Aldo Biscardi, partecipava alle partite senza pass ufficiali: «Tutti tranne uno: il mitico collega Gianni Federico, che si presentava con un foglio bianco con stampata la sua foto, il Tricolore e la scritta “Italian special security”. Incredibilmente con quello andava dappertutto».

Caressa è noto come il pioniere della telecronaca emozionale, celebre per il suo «Vogliamoci tanto bene» pronunciato durante il Mondiale 2006. «L’ho detto: per me l’emozione è fondamentale». Tuttavia, oggi ritiene che l’enfasi nelle telecronache debba essere bilanciata dalla realtà, concordando con Fabio Capello: «Non puoi fare la cronaca della Serie C pensando che sia la Champions».

Infine, riflette su pregi e difetti dei tifosi interisti e milanisti. «Il difetto è uguale: quando ci sono loro lo stadio è bellissimo, ma hanno una certa tendenza al mugugno, con i loro stessi giocatori a cui chiedono molto. Li senti: buuuuuuuuuuuuu».

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